Intervento in Gran Consiglio sul risanamento della Cassa Pensioni del Cantone

Presidente, Consigliere di Stato, colleghe e colleghi,

 

oggi pomeriggio affrontiamo uno dei dossier più pesanti e controversi di questa legislatura. Non solo perché la soluzione trovata è frutto di un travaglio lungo e complesso, ma anche per la natura e la portata del tema. 

 Anche nel resto della Svizzera, da un po’ di tempo, sentiamo dire che “servirebbe una Greta Thunberg anche per le pensioni”. E un’immagine senz’altro azzeccata – al di là di quello che pensiamo della famosa profetessa del clima.

 Già, perché anche la tenuta del sistema pensionistico è una questione di sostenibilità. Quella stessa sostenibilità che tutti amano citare, ma solo se si parla di ambiente. E invece, faremmo tutti bene a ricordare che non stiamo lasciando in eredità solo debiti ambientali – perché le prossime generazioni dovranno rimborsare anche i nostri debiti finanziari. 

 Dicevo che il tema è controverso. Lo è anche perché le sensibilità e le visioni delle forze politiche erano molto diverse. A volte, per fortuna, è tuttavia possibile trovare soluzioni condivise – anche su questioni ostiche come quella del risanamento della cassa pensioni. Questa è sicuramente una buona notizia sullo stato di salute della nostra politica – in un periodo storico nel quale, anche a livello nazionale, viene messa in dubbia la capacità della nostra democrazia di affrontare sul serio la sfida delle vere riforme.

 Con questo non voglio negare che il percorso sia stato tortuoso. Il messaggio del Consiglio di Stato risale al 15 gennaio 2020 e abbiamo passato oltre due anni ad analizzare le varie soluzioni possibili: alcune radicali, alcune esotiche, altre cosmetiche. Questi scenari li trovate presentati nel rapporto, con tutte le motivazioni sul perché fare qualcosa anziché qualcos’altro.

 

Abbiamo valutato – senza preclusioni di sorta – l’intero spettro di possibilità̀ che si presentavano per il futuro della cassa pensione. Ci siamo così mossi tra due scenari estremi: da una parte la totale inazione, dall’altra l’abbandono della garanzia dello Stato a seguito di un completo risanamento.  Il messaggio originale del Consiglio di Stato, lo ricordate, prevedeva di attribuire all’Istituto di Previdenza del Canton Ticino un contributo integrativo di 500 milioni: sapete bene che da subito su questa soluzione, da più parti, si è proiettata l’ombra nera del referendum. La soluzione, insomma, era messa in dubbio ancor prima di avvicinarsi al voto parlamentare – e oggi possiamo dire che sicuramente in votazione popolare sarebbe andata a finire male. 

 Il Plr è cosciente, ed è importante dirlo, che con l’operazione che ha preso forma in questi mesi non abbiamo risolto tutti i problemi. Non si tratta della soluzione definitiva. Come ammesso a più riprese nel rapporto commissionale, il tema del tasso di conversione non si risolve con il rapporto che voteremo oggi. Ci sarà la necessità di intervenire a breve ed è un tema che richiede un confronto tra le parti sociali. 

 Oggi la soluzione concerne il disavanzo, che si è ampliato a seguito di un maggior costo delle garanzie accordate nel 2012. Su questo siamo chiamati ad esprimerci oggi. Va inoltre tenuto in considerazione il periodo storico molto incerto che il mondo e tutti noi stiamo vivendo. Come tutti sappiamo, questa incertezza tocca anche i mercati finanziari. Pensare di dare oggi garanzie su ciò che accadrà tra sei mesi, tra un anno o anche di più è molto difficile. Nessuno di noi fa l’indovino e nessuno è in grado di dare certezze… per questo motivo, insieme ai colleghi ci siamo limitati a presentare una serie di ipotesi di lavoro e valutazioni.  

Detto questo, prima di concludere mi sembra opportuno ampliare il discorso più dal punto di vista politico. Spero sia evidente a tutti che la triste storia della cassa pensioni dello Stato è esemplare. È una vera parabola dei nostri tempi: ecco perché sarebbe fatale limitarci all’aspetto tecnico, mentre oggi discutiamo su come rimediare ad alcuni errori del passato. Errori che nel tempo hanno rivelato la loro dimensione e che adesso ci impongono di essere onesti e di andare a fondo, interrogandoci sulle loro cause profonde.

 È una questione di responsabilità politica. Dobbiamo ammettere che questa voragine finanziaria è figlia di una certa politica che spende i soldi senza occuparsi delle conseguenze a lungo termine. E il lungo termine ha sempre a che fare con le future generazioni.

 Sono sicura che nessuno di noi desidera trovarsi fra dieci anni a ripetere questo dibattito. L’unico modo per evitarlo è ammettere a noi stessi che il buco nell’IPCT è stato causato dalla mancanza di attenzione per la sostenibilità finanziaria. Un concetto che faremo bene a riportare immediatamente al centro dell’attenzione – per esempio in vista della votazione cantonale del 15 maggio.

 Già, perché la proposta sulla quale la popolazione ticinese voterà fra poco più di un mese non è altro che un’applicazione del principio della sostenibilità – declinata nel settore più generale della spesa pubblica. Il nostro auspicio è che il 15 maggio vinca la ragionevolezza – quella che in passato ha portato il popolo ticinese ad approvare il meccanismo del freno all’indebitamento. Altrimenti, ancora una volta, a pagare per la nostra leggerezza saranno le future generazioni.

 Per capire l’urgenza di questo cambiamento di prospettiva, tornando al tema del dibattito di oggi, vi chiedo di provare a mettervi nei panni di un trentenne che oggi lavora per il Cantone. Non è un esercizio simpatico. 

 Avreste tutte le ragioni per pensare che una generazione si è apparecchiata, a vostre spese, una soluzione pensionistica spensierata. Una spensieratezza che però non spetterà ai giovani lavoratori – e ai contribuenti –, costretti a pagare. Un’eredità blindata per legge – grazie ai famosi diritti acquisiti e a decenni di primato delle prestazioni e non dei contributi. 

 Siamo qui di fronte all’intangibilità delle promesse della politica, un problema che ha mille sfaccettature. Basti pensare alle ultime stime sull’AVS, secondo le quali la differenza fra le entrate future e le uscite già decise rappresenta un mostruoso debito occulto, valutato in 900 miliardi di franchi. 

Una cifra spaventosa, della quale sicuramente discuteremo nei prossimi mesi, durante il dibattito sull’iniziativa dei Giovani liberali svizzeri – che hanno avuto l’onestà intellettuale di leggere la realtà per quella che è.

 Ma queste sono battaglie del futuro. Oggi siamo qui per mettere una pezza, sperando di avere imparato la lezione. La lezione per cui la sostenibilità finanziaria è un dovere, come quella ambientale – e chi non si prende questa responsabilità è un nemico delle future generazioni. A meno di volere caricare sulle loro spalle un’ennesima eredità tossica.

 Alla luce di quanto esposto, invito il Gran Consiglio a sostenere il rapporto, porto l’adesione del gruppo PLRT e tengo a ringraziare tutti i colleghi co-relatori per il lavoro svolto in questi due anni.