Discorso al Congresso PLRT, Lugano 15 gennaio 2023

Care amiche e cari amici liberali-radicali,

QUALE TICINO VOGLIAMO?

È una domanda che a me sembra fondamentale, in un periodo storico difficile per molti cittadini e per molte aziende. Purtroppo, è una domanda che ci rivolgiamo troppo raramente in politica. Trovare una risposta non è facile, ovviamente. Il mondo cambia velocemente, al punto che pensare al futuro, a volte, mette paura. È molto più semplice perdersi nei dettagli.

Dobbiamo essere consapevoli che da noi, dal PLR, la popolazione si aspetta sempre di più.

-       Ci chiede idee sul futuro che vogliamo per questo Cantone: per noi, e per le prossime generazioni.

-       Ci chiede di essere solidi, ma anche lungimiranti.

-       Ci chiede un’azione politica che sia all’altezza di quella che ha costruito il Ticino del Novecento.

Nei momenti di crisi, la voce del liberalismo osa dire le cose giuste, anche se sono difficili:

-       che lo Stato può fare molto, ma non è in grado di curare tutto

-       che i cittadini e l’economia devono fare la loro parte, insieme, non a compartimenti stagni.

Dobbiamo essere noi i primi a mantenere il Paese orientato in avanti. Non possiamo permetterci di ingranare la marcia indietro perché ci manca il coraggio, o perché cediamo alla paura di fronte al rischio di cambiare, o di scontentare qualcuno.

In questo momento storico, stiamo decidendo quale sarà la nostra eredità politica. Le nostre scelte di oggi decidono se verremo ricordati come buoni antenati, o se, invece, falliremo – avendo consegnato ai nostri successori una società fragile, piena di diritti, forse, ma priva di senso del dovere.

Continuare a incarnare la voce della realtà, allora, è un gesto dovuto – in particolare verso le tante persone “silenziose”. Quelle persone che lavorano duro – persone alle quali chiediamo molto, e dalle quali dipende la solidità del nostro tessuto sociale. È il famoso ceto medio.

Cambiare restando fedeli ai propri principi non è mai facile, ma forse il momento è propizio. Siamo nel mezzo di una trasformazione epocale, che vediamo prendere forma, per esempio, negli stili di vita della «generazione Z».

Pensiamo solo al lavoro. Cambiare carriera ormai non è più un tabù. Reinventarsi è la nuova regola di vita, e la politica deve tenerne conto – avviando una riflessione seria, per esempio, su un sistema pensionistico che ha fatto il suo tempo e che va riformato con urgenza.

Lavorare per le nuove generazioni significa anche rendersi conto che la nostra società, spesso, rinuncia a coinvolgerle, non solo nel mercato del lavoro. La coesione sociale scricchiola, anche perché molti giovani sono repressi o arrabbiati – una verità che si riflette nelle statistiche sulla loro salute mentale.

Se lavoreremo bene su questi fronti, restituiremo la voglia di guardare al futuro con fiducia – senza invidia verso chi è venuto prima e senza rimpiangere tempi rassicuranti che, ormai, sono consegnati alla storia.

Questo è solo un esempio di come occorrerà lavorare per costruire il Ticino che vogliamo. Un Cantone che dovrà per forza di cose diventare un luogo più accogliente per imparare, lavorare e vivere.

Conosciamo bene gli elementi che servono per dare concretezza a questa visione.

1)    Una scuola al passo con i tempi, che dia una formazione solida.

2)    Un’economia vivace ed innovativa, che crei posti di lavoro.

3)    Un clima culturale in cui l’audacia degli imprenditori è sostenuta e non demonizzata.

 Per evitare che le persone scappino in altri Cantoni, i posti di lavoro non basteranno: dovremo investire anche

-       sulla qualità di vita nel nostro bellissimo territorio, dalle valli ai centri urbani.

-       ci servono infrastrutture adeguate e spazi verdi vivibili,

-       insieme a una fiscalità attrattiva e una burocrazia decisamente più leggera.

 La realtà ci dice anche che siamo il Cantone più anziano della Svizzera. Questo rende giusto investire per gli anziani, per dare loro la vita dignitosa che meritano. È però altrettanto doveroso investire nei giovani, semplicemente per una questione di equità fra le generazioni.

Pensate se, per ogni franco di spesa pubblica riservata agli ultrasessantenni, dedicassimo un importo uguale ai giovani. I cantieri dove impiegare queste risorse non mancano: dalla scuola al doposcuola, asili nido, infrastrutture e programmi per il tempo libero.

Il Ticino che vogliamo, amiche e amici liberali - radicali è un luogo che dovrà ispirare le persone a osare, a scommettere su sé stesse e sul territorio, come abbiamo fatto QUI nel 95 quando abbiamo voluto essere un Cantone universitario. Un luogo in cui ognuno sia messo nelle condizioni di cambiare la propria vita, di ricominciare, di scegliere liberamente e responsabilmente la propria strada.

 È una mentalità che deve nascere fin dall’infanzia. A ogni bambino, a ogni bambina, dobbiamo dare una scuola dell’obbligo capace sì di includere, ma anche di orientare e di trasmettere abilità trasversali, per permettere loro di costruirsi un’identità personale a prova di crisi.

Oggi purtroppo siamo il secondo Cantone svizzero per tasso di scioglimento dei contratti di tirocinio – è chiaro che non possiamo più permetterci di fare sbagliare strada a così tanti giovani.

Non possiamo permettercelo, anche perché nei prossimi 15 anni 40'000 persone andranno in pensione, e il nostro sistema è in grado di formarne solo 3'000 all’anno. Ci serve una scuola non certo asservita, ma sicuramente in armonia con il mondo del lavoro, che non chiede altro.

Perché nel Ticino che vogliamo, ovviamente, c’è lavoro.

Il lavoro è dignità. l lavoro dà a ognuno di noi la certezza di avere un ruolo nella società. Il pensiero liberale combatterà sempre la mentalità assistenzialista, perché infantilizza le persone e le deruba della soddisfazione di avere delle responsabilità.

Il nostro dovere è di dare prospettive a chi entra per la prima volta in questo mercato del lavoro, privo delle sicurezze del passato. Il nostro dovere è di pensare ai lavoratori over 50, per sostenerli nella transizione verso un sistema certamente diverso, in cui i dipendenti, però, hanno anche più libertà di scelta – come dimostrano l'aumento del part-time e del telelavoro.

Il nuovo modo di lavorare, e di vivere, porta con sé anche grandi cambiamenti nelle abitudini di consumo – come l’esigenza di fare acquisti fuori dagli orari fissati dalla nostra veneranda legge del 1964 quando io nemmeno avrei avuto il diritto di stare a parlare su questo palco…

Per costruire il Ticino che vogliamo, è ora di aprire una discussione serena su questi temi. Dire di volersi aprire all’innovazione e ai nuovi mestieri non ha senso, se poi vogliamo restare ancorati alle rigide leggi sul lavoro del dopoguerra.

Che senso ha parlare di orario fisso, di una netta separazione tra lavoro diurno e notturno? I divieti e le continue rivendicazioni sindacali, pensiamo solo al lavoro domenicale, impediscono di creare nuovi posti di lavoro e limitano la libertà di consumo, di essere quel Cantone turistico che vogliamo rappresentare.

Sappiamo tutti che costruire il Ticino che vogliamo non sarà facile.

-       Molte aziende sono già a corto di profili qualificati.

-       Nei prossimi anni la tassazione minima imposta dall'OCSE intensificherà la concorrenza tra i Cantoni, in un ambito nel quale già oggi non siamo tra i più concorrenziali.

-       Sulla rivoluzione digitale la nostra politica per ora avanza a colpi di luoghi comuni, senza idee precise.

-       Per avere abbastanza energia serviranno decisioni coraggiose, e, forse, alcuni ripensamenti. Il cambiamento del clima metterà in ginocchio molte stazioni invernali di bassa quota, come quelle del nostro Cantone. E anche qui ancora una volta dovremo adattarci come ci insegna la natura.

Sono solo alcuni esempi delle sfide che ci attendono. Di certo, se vuole affrontarle con successo:

-       Il Ticino non può rimanere fermo

-       Questo Paese non vuole “decrescere”

-       Questo Paese, ancora una volta, chiede soluzioni liberali – per mantenere e sviluppare ulteriormente la nostra prosperità, nel rispetto del nostro stile di vita.

Credo sia chiaro, amiche e amici, quale aspetto ha il Ticino che vogliamo:

-       È un Ticino proiettato in avanti, aperto, competitivo, accogliente, coeso

-       È un Ticino che non dimentica le sue origini e tradizioni, ma sceglie di tenere lo sguardo orientato al futuro, con coraggio.

È PER QUESTA IDEA DI TICINO CHE MI METTO IN GIOCO.

È QUESTO TICINO CHE DESIDERO FORTEMENTE, A CUI DEDICO OGNI GIORNO IN POLITICA.

Grazie